CRITICA
"La riscoperta dell'oggetto"
Ciò che colpisce maggiormente nella produzione di Matthew Gottardi è la capacità di valorizzare il singolo oggetto, apparentemente banale (come un chiodo arrugginito o un vecchio gomitolo) grazie all'inserimento dello stesso in un contesto inconsueto, talvolta spiazzante.
Questa contrapposizione (nuovo - antico) o giustapposizione (antico - antico) tra oggetti crea una prospettiva originale che determina nuovi significati, tale da che trascendere la comune percezione. L'artista "si diverte" a scombinare la realtà e a coinvolgere l'osservatore in questo gioco dissacrante. Così dalle opere di questo artista nascono domande, semplici ma inquietanti: che ci fa un chiodo dentro una cornice oppure conficcato in un libro?
Quelli che Matthew Gottardi realizza sono quadri minimalisti di una realtà che potremmo definire alternativa, dove l'oggetto, collocandosi in spazi inusuali, acquisisce un valore artistico nella misura in cui pone degli interrogativi esistenziali. Un vecchio libro che al proprio interno dispiega una serie di chiodi arrugginiti può far pensare al valore di concetti che non riusciamo più a comprendere o che si sono persi nel tempo lasciando di sé arcani ricordi. Ma si tratta solo di ipotesi...
L'artista volutamente evita di dare un titolo alle proprie opere, per non restringere il campo sulle possibili interpretazioni. Quasi a voler coinvolgere l'osservatore in questa sua ricerca.
Gottardi ha il merito di approcciare la realtà quasi fosse la prima volta, sottraendo alla banalità del "déja vu" il mondo circostante per farcelo riscoprire in tutta la sua straordinaria complessità.
Paolo Avanzi